Siamo giunte alla conclusione del nostro Intercapitolo e dal cuore sale il ringraziamento e la lode per quanto il Signore ci ha permesso di vivere in queste giornate di grazia, accompagnandoci con la sua benevolenza e aiutandoci a superare, nella pace, anche qualche “imprevisto, soprattutto di salute.
Abbiamo vissuto due settimane impegnative e ricche per lo scambio, per la bellezza della nostra universalità, per la comunione che è tangibile e si manifesta nell’apertura, nel rapporto tra noi semplice, affettuoso, cordiale. Abbiamo condiviso tanta speranza e ci siamo sentite sostenute dal ricordo, dall’amore, dall’incoraggiamento di sorelle, membri della Famiglia Paolina, amici, collaboratori, espressi anche attraverso i numerosi messaggi pervenuti.
Con grande gioia abbiamo constatato il cammino di ogni circoscrizione e dell’intera congregazione, nonostante la crisi vocazionale che colpisce in particolare alcune zone del mondo. Abbiamo riscoperto tra noi una vitalità insospettata, anche per il coraggio di mettere in atto scelte coraggiose che ci permetteranno di sentirci sempre più “cittadine del mondo”.
E oggi, più che parlare di conclusione, avvertiamo che inizia un nuovo giorno. Comincia, infatti, un tempo di animazione per il coinvolgimento di tutta la congregazione e, soprattutto, per la concretizzazione di quell’unica, forte e luminosa priorità che da questa Assemblea è scaturita.
Un’alba nuova e luminosa
Ripercorrendo il vissuto di queste giornate, rimarrà nel nostro cuore l’invito appassionato di P. Rupnik a dare il primato alla vita, a riscoprire la vita nello Spirito, a guardare oltre il declino di quest’epoca storica, per intravedere l’alba di una nuova era nella quale la vera priorità sarà la vita.
Rimarranno nel nostro cuore, come un inno alla vita, le diverse, magistrali relazioni che ci hanno sollecitate a far riesplodere quel fuoco che lo Spirito ha deposto in noi nel giorno del battesimo e della professione, per riscoprire il gusto di essere Figlie dell’apostolo Paolo, mandate a tutti per gridare la gioia di appartenere al Signore.
Rimarrà certamente in noi, come simbolo di vita nuova, quell’alba luminosa che abbiamo contemplato sulla via Appia, mentre ponevamo i nostri passi silenziosi sulle orme di quelli percorsi da Paolo e cresceva nel cuore il desiderio di seguirlo con maggiore impegno, per apprendere come conformarci a Cristo e alimentare il desiderio di portare a tutti i popoli il tesoro sublime del Vangelo.
L’esperienza dell’apostolo Paolo è stata davvero il filo conduttore della nostra Assemblea: un filo conduttore che si è spesso intrecciato con la presenza eloquentissima di Maria, «tabernacolo vivente di Dio». Paolo e Maria ci hanno indicato la via per connettere preghiera e vita, per custodire un cuore che arde di passione per il Signore e si muove poi a compassione delle ferite dell’umanità. Questo è il segreto della mistica apostolica sul quale molte volte il Fondatore si è intrattenuto, pur non usando mai, esplicitamente, l’espressione “mistica apostolica”. Ricordiamo, tra i tanti, il suo invito:
Vivit vero in me Christus. Che scompariamo. E che viva tutto e solo e sempre lui… Come è bella allora la nostra devozione e come è più facile l’operare anche nei casi difficili e com’è più facile dominare i sensi, dominare le passioni e come orientarle tutte verso Dio. Allora noi siamo come sopra il nostro essere umano, sentiamo di essere mossi da un Dio e che le nostre opere sono divine. Divine perché il pensiero che le ha guidate è di Gesù Cristo, la mossa interiore, che è la mossa dell’amore, è di Gesù Cristo e la volontà che viene a determinarsi è di Gesù Cristo.
Noi il prolungamento. Noi le membra. Egli è il capo che comanda di muover la mano, di muover il piede e fare quest’azione, di andare, venire, sentire, parlare secondo i casi. Egli che opera in noi. Che ci abbia talmente assorbiti che quasi non sentiamo più la natura. Ma questo è un ideale. Tuttavia è il centro della divozione. Ed è la meta che i Paolini han da raggiungere (dalla viva voce di don Alberione).
Quando parliamo di “mistica apostolica”, intendiamo quella forza interiore, misteriosa, che investe Paolo e lo costringe a evangelizzare i Gentili, una forza alla quale egli non può e non vuole sottrarsi perché l’annuncio del Vangelo lo coinvolge totalmente. Confessa: «Se evangelizzo non è per me un titolo di vanto: incombe su di me una forza che mi necessita. Guai a me se non annunciassi il Vangelo» (1Cor 9,16).
Paolo è afferrato da un’esperienza: «L’amore di Cristo ci spinge», ci avvolge, non ci lascia scappare… Qualsiasi cosa facciamo, ovunque andiamo, siamo circondati dal suo amore. Non possiamo sfuggirgli, siamo dentro di Lui, sommerse in Lui. L’amore di Cristo è così potente, così amabile, così straordinario che non possiamo resistergli. Non abbiamo scelta quando lo incontriamo veramente.
Paolo e Maria sono davvero per noi punti di riferimento irrinunciabili per realizzare quel graduale processo di immedesimazione nel Cristo per cui solo Lui «vive, pensa, opera, ama, vuole, prega, soffre, muore e risuscita in noi» (DF, p. 64). E vive, pensa, ama, vuole… in tutti gli uomini e le donne che siamo chiamate a raggiungere attraverso la missione.
Paolo e Maria sono quella nuova alba che getta una luce più luminosa sul nostro cammino di Congregazione, che sarà rischiarato da quella priorità che insieme abbiamo voluto focalizzare:
APPROFONDIRE E VIVERE LA MISTICA APOSTOLICA PAOLINA
Ricordiamo anche le tre strategie o modalità pratiche che ci aiuteranno a realizzarla:
- Paolo, modello di mistica apostolica, nella sua esperienza di cristificazione e di annuncio;
- la Parola, luogo della nostra unità di vita;
- la pedagogia del “carro paolino”, per crescere nell’integralità.
Viene affidato a tutte noi il bagaglio di riflessioni e di approfondimenti realizzati in occasione del Seminario sulla mistica apostolica, perché ce ne rendiamo mediatrici presso le nostre sorelle. Il governo generale curerà la preparazione di un sussidio su Paolo mistico apostolo, a partire dall’esperienza del Fondatore.
Guardiamo a Maestra Tecla
Maestra Tecla ha vissuto davvero quell’unità di vita in cui apostolato e profondità spirituale si richiamano a vicenda: «Se non c’è raccoglimento, spirito di preghiera – annota nel 1951 ‒ non si può fare del bene alle anime».
«L’apostolato è la preghiera vitale che ci unisce a Dio. La contemplazione o la vita divina in noi deve sempre rimanere; se è così, quando diamo il libro, diamo la grazia».
Animata da un vivo desiderio di santità poggiato sull’umiltà e sulla confidenza, Maestra Tecla ha rinunciato gradualmente a ogni fiducia in sé per «gettarsi totalmente nella misericordia di Dio»[1].
Era obbediente anche nei momenti di buio e di malattia, quando i suoi pareri non venivano valorizzati, quando fu chiamata a vivere una vera e propria “passione” a motivo del difficile discernimento istituzionale delle congregazioni femminili della Famiglia Paolina. Scriveva nel novembre 1938 a sr Paolina Pivetta: «In questi momenti bisogna andare avanti ad occhi chiusi e fidarci solo di Dio».
In preparazione alla festa di Santa Tecla del 1960, don Alberione confidava: «Alla Prima Maestra dovete tutto e devo anch’io molto perché mi ha illuminato e orientato in cose e circostanze liete e tristi; è stata di conforto nelle difficoltà che intralciavano il cammino. Vi vorrei tutte come la Prima Maestra. […]. M. Tecla, un programma di vita per ogni Figlia di San Paolo».
Nel 1964, il Fondatore testimoniava: «Era il Signore che la sosteneva. Fu un’anima contemplativa. Sapeva anche ricorrere agli uomini, ma sempre e in primo luogo a Dio. Tutto doveva venire da Dio e tutto era per Dio».
Maestra Tecla ha vissuto un intenso itinerario di fede e di amore che l’ha condotta all’abbandono pieno, all’unione con la Santissima Trinità, alle vette più alte della mistica paolina. Al termine di questo Intercapitolo, vogliamo affidare a lei le luci che abbiamo colto, il cammino di ricerca e di discernimento che lo Spirito, in ogni fase della nostra storia, ci chiede.
Magnificat
Abbiamo contemplato a lungo, in queste giornate, l’abbraccio tra Maria ed Elisabetta, l’icona che ha illuminato l’Intercapitolo.
Abbiamo percepito la chiamata a gettarci l’una nelle braccia dell’altra in quest’anno della Misericordia, per portare insieme la situazione della nostra Congregazione, le vicende della Chiesa e del mondo; per cantare il Magnificat per le grandi cose che il Signore continua a operare nella nostra vita e in quella dell’umanità; per essere aperte al dono dello Spirito perché inizi una nuova stagione, quella della fede e di una evangelizzazione più fervorosa, gioiosa, generosa, audace, contagiosa (cfr. EG 261).
«Gioisci, il Signore è con te, hai trovato grazia». La gioia è il risultato di un’appartenenza all’unico Signore, è la certezza che noi gli apparteniamo ed Egli ci appartiene.
Abbiamo bisogno di comunicarci e di comunicare a tutti la parola della fede e della speranza, una speranza che nasce dalla consapevolezza che l’opera non è nostra ma di Dio (cfr. EG 12), la Congregazione è di Dio, ogni iniziativa è di Dio…
È questo annuncio di gioia e di speranza che siamo chiamate a consegnare prima di tutto alle nostre sorelle, perché ogni comunità sperimenti un rinnovato fervore nel desiderio di portare Cristo, diventi luogo di attrazione vocazionale nella semplicità del quotidiano.
Abbiamo bisogno di aria nuova per accogliere quella misteriosa fecondità che deriva dalla «libertà di rinunciare a calcolare e a controllare tutto, e permettere che lo Spirito ci illumini, ci guidi, ci orienti, ci spinga dove Lui desidera…» (cfr. EG 280).
Aria nuova, per credere che il futuro della vita consacrata non dipende dal numero né dal prestigio o dall’efficacia delle opere ma dall’attenzione, dall’accoglienza serena, gioiosa e disponibile della voce dello Spirito.
Aria nuova, per aprire i nostri cuori, per impegnarci in una più decisa ridisegnazione e collaborazione tra noi e con la Famiglia Paolina, per abbattere le barriere di culture, tradizioni, nazionalità, per essere realmente “sorelle universali”, figlie dell’apostolo Paolo.
Aria nuova, per dire a quanti ci avvicinano: «Qui si respira Vita».
L’animazione intercapitolare, sia per tutte un invito a riaccendere la fede per “parlare le parole di Dio”, per comunicare il suo pensiero, per diventare noi stesse vangeli viventi, concretizzando l’espressione paolina che portiamo iscritta sul nostro distintivo.
Giunge il momento del grazie….
Grazie a tutte, per il senso di responsabilità e per la “qualità” del coinvolgimento.
Grazie, di vero cuore, alla Commissione che ha preparato l’Intercapitolo; a sr Lucia e in modo particolare a sr Anna che ha guidato con discrezione e sapienza i nostri lavori…
Grazie alle segretarie dei gruppi; alle traduttrici, quelle presenti in questa sala e quelle che, dietro le quinte, hanno reso possibile, in tempi brevissimi, la traduzione dei comunicati e di altro materiale utile.
Un grazie speciale ai relatori per le loro comunicazioni competenti e appassionate.
Grazie alle sorelle delle varie équipe (liturgica, di redazione, informativa, ricreativa) che con semplicità e grande impegno hanno contribuito alla buona realizzazione dei lavori.
Grazie alle sorelle del SICOM che hanno permesso che tutta la congregazione partecipasse di questo importante evento. Grazie alla fotografa…
Grazie anche ai sacerdoti che ogni giorno hanno celebrato con noi e per noi l’Eucaristia.
Grazie alle infermiere!
Grazie a sr Lucia Simula per le premure e l’ottima conduzione domestica.
Grazie alle sorelle della Casa generalizia e del Corso sul carisma, che in vari modi hanno offerto il loro prezioso servizio.
E grazie a tutti quelli che ci hanno accompagnato e sostenuto con la preghiera, i messaggi, l’offerta quotidiana.
In cammino… «portatrici del Cristo»
E ora usciamo da questo Cenacolo, in cammino… sulle orme di Paolo, di Alberione, di Tecla, per proclamare a tutti la gioia del Vangelo, la bellezza del credere, di affidarsi…
Ci sollecita l’invito ripetuto del Fondatore: «Riempite il vostro cuore. Come il vaso quando è pieno d’acqua, il nostro cuore sia pieno di Dio, allora lo riversiamo sugli altri» (Alle FSP 1966, inedito).
Lo Spirito ci renda, come Maria, donne gravide di Dio che passano nel mondo portando il Verbo (Origene), portando colui che ci porta: una vita nella nostra stessa vita; autentiche “portatrici del Cristo”, membra vive e operanti della Chiesa… apostole chiamate a portare a tutti la carità della verità.
Roma, 19 settembre 2016
[1] LMT 20.